WIKIPEDIA racconta che “La menopausa (dal greco “μήν (gen. μηνός)” mese, e “παῦσις”, cessazione) è l’evento fisiologico che nella donna corrisponde al termine dell’età fertile. Nello specifico, la menopausa è definita in maniera retrospettiva: essa corrisponde al periodo in cui i cicli mestruali sono mancati per 12 mesi.
La caratteristica principale della menopausa è la perdita permanente della funzione principale delle ovaie: esse non producono più follicoli ovarici e di conseguenza nemmeno estrogeni. La produzione di follicoli ovarici è destinata ad esaurirsi in ogni donna perché, a differenza degli uomini, il numero di gameti femminili è ben definito già a partire dalla nascita (riserva ovarica).
Tale stato provoca una serie di mutamenti nella donna che riguardano gli aspetti trofici, metabolici, sessuali e psicologici, con una serie di manifestazioni (sintomi) che variano a seconda della persona e possono essere più o meno marcati, ma non tutti sono collegabili alla menopausa in sé, poiché influiscono altri fattori come il contesto familiare e sociale.”
La definizione dell’enciclopedia più famosa del web parla chiaramente di sintomi che variano a seconda della persona, la menopausa é quindi una fase della vita che ogni donna vive in modo diverso dalle altre.
Conducendo workshop sulla menopausa, ho conosciuto le “liberate” dalla menopausa e le “perseguitate” dalla menopausa, e tra i due estremi una vastissima gamma di colori differenti, quelle della terapia ormonale a tutti i costi, quelle che se non é rimedio naturale non si guarda neanche da lontano, quelle che “evviva il cerotto”, quelle che a me non va più di fare sesso (ma mi andava poco anche prima), quelle che “mai fatto sesso così bene!”, quelle che “non sono ingrassata per niente” e quelle che “mi sento una barca”.
Il rapporto con la tristezza é un’altra delle relazioni controverse, andiamo dal “mai più triste”, anzi, piena di energie, al “sempre più triste, depressa, veleggio verso la vecchiaia”…
Un unico fattore accomuna tutte, ed é l’unico che si riscontra sempre, nella testimonianza delle donne e nei trattati scientifici: la drastica diminuzione della lubrificazione vaginale. La varietà di rimedi prescritti é ampia come le reazioni alla menopausa, andiamo dai gel agli ovuli, alle creme, fino ai lubrificanti (ma guarda un po’…), terapie lunghissime e impegnative e risultati immediati dopo la prima applicazione, e poi c’é il rimedio più antico di tutti, la rassegnazione: il ginecologo che dice che “é un effetto della menopausa, c’é poco da fare” se non abituarsi a rapporti sessuali dolorosi o a fare lo slalom tra le richieste di coccole dei propri compagni.
Se le donne parlassero di più tra loro della propria menopausa, si accorgerebbero che è veramente qualcosa di molto personale, e che come tale va vissuta. Si accorgerebbero che i “sintomi” sono diversi per ognuna, per manifestazione e intensità, che eventuali rimedi e terapie devono essere calibrati sulla persona, pensati insieme al professionista che si decide di interpellare, sperimentati, verificati, eventualmente modificati secondo le esigenze (esigenze che mutano e vanno rispettate), che la nostra emotività e le nostre convinzioni sono delle variabili potenti nel vissuto che accompagna la menopausa.
Ci sono alcuni ambienti in cui le donne parlano della propria menopausa come se parlassero di quante uova mettere nella carbonara, altri contesti in cui la si maneggia come il terzo segreto di Fatima, tra rossori (no, quelle non sono vampate), risolini imbarazzati, parole sussurrate.
La menopausa può essere anche una vergogna, l’emblema del non essere più. Non essere più giovane, non essere più fertile, non essere più sessualmente adeguata. Vista così, un dramma di proporzioni enormi.
Se siamo convinte di dover vivere un dramma, sarà molto più probabile che lo vivremo, ci predisporremo emotivamente alla tragedia, come quando da bambini avevamo paura delle iniezioni e per la paura irrigidivamo i muscoli, provocando, inconsapevoli, il dolore della puntura, associando quel dolore all’evento e consolidando l’idea che una iniezione sia qualcosa di estremamente penoso.
Anche per la menopausa può accadere questo. La cosiddetta “profezia che si autoavvera” .
Siamo stati educati con l’idea che la menopausa rappresenti una fine, ma difficilmente ci hanno raccontato che é un nuovo inizio, che potenzialmente é una rinascita. Il concetto di fine poteva essere valido quando la nostra aspettativa di vita era molto ridotta, ci sono state epoche, neanche troppo lontane, in cui la menopausa, la fine dell’età fertile, corrispondeva alla fine della vita per molte. Nell’era preindustriale l’aspettativa di vita era tra i 30 e i 40 anni per le fasce di popolazione non benestanti, il problema di come vivere la menopausa era decisamente inesistente.
Siamo state educate, noi donne, a pensare che la nostra funzione principale sia quella riproduttiva, nonostante la modernità del tempo che viviamo, portiamo con noi ancora gli strascichi di una cultura millenaria che ci ha volute principalmente madri (lo sanno bene le donne che non hanno figli e che a volte si sentono chiedere “E come mai? Forse non hai trovato l’uomo giusto” come se non potesse essere una decisione autonoma e consapevole quella di non avere figli).
Siamo tutti sottoposti in ogni minuto della vita alla pressione sociale che ci propone trucchi e suggerimenti per rimanere giovani, per sempre, per cancellare le rughe, le macchie, il grigio dei capelli, le borse sotto gli occhi, la morbidezza in eccesso, la pelle rilassata, per cancellare la nostra storia.
In quest’ottica si, la menopausa può essere una tragedia che si abbatte sulle nostre vite come un uragano, distrugge tutto ciò che abbiamo e lascia solo macerie.
Sono dell’idea che la menopausa invece si possa appoggiare dolcemente su ciò che trova (come ogni ruga si appoggia sulla nostra pelle liscia e scava e segna, ma se trova la pelle tonica segna di meno), la menopausa si appoggia alla nostra storia, a quella del nostro corpo e della nostra emotività. E si modella intorno a quello che siamo, a quanto siamo in salute, a quanto siamo felici, alle nostre credenze e convinzioni, al modo in cui ci occupiamo del nostro corpo, ai nostri progetti, alle nostre motivazioni, alla soddisfazione nelle nostre relazioni, al nostro stile di vita. Credo che l’arrivo della menopausa, se sappiamo guardarci dentro, ci aiuti a capire come stiamo, quanto ci occupiamo di noi, di quali stimoli abbiamo bisogno (se ne abbiamo bisogno), quanto la nostra cultura e la nostra educazione ci hanno influenzato nelle scelte. Ci aiuta a capire anche rapporto siamo con la sessualità, quanto la sentiamo parte della nostra vita o quanto la sentiamo estranea e imbarazzante.
Prendere l’arrivo della menopausa come un momento per osservarsi, conoscersi e riconoscersi, rispettare le proprie esigenze, quelle emergenti e quelle che si sono messe da parte, nascoste dietro gli impegni, i doveri, il “non ho mai tempo”, le richieste del mondo può essere una nuova opportunità e nuovo inizio.
“E poi sei nata tu.”
Credo che la nonna Iole avesse perso la motivazione, aveva una figlia sposata e l’altra che già lavorava, non doveva occuparsi più di loro, probabilmente la vita di coppia era diventata routine, tutto era uguale a sempre, senza più stimoli; come molte donne della sua generazione (era nata nel 1916), deve aver pensato che l’arrivo della menopausa sancisse la fine della sua vita.
La mia nascita é stata l’inaspettato e inconsapevole arrivo di uno stimolo nuovo, l’inaspettata rinascita di una donna che nella sua vita si é sempre e solo occupata degli altri, e che finalmente aveva di nuovo qualcuno di cui occuparsi.
Senza medicine e senza cure, la nonna si alza dal letto perché trova una motivazione per ricominciare a muoversi nella vita come aveva fatto fino a qualche tempo prima.
Il principe uccide il drago e salva la principessa. E vissero tutti felici e contenti.
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