La prima volta che ho tenuto una “lezione” di educazione sessuale, mi hanno giocato un brutto tiro. Correva l’anno 1994. Ero una ragazzina. Seguivo da qualche mese, come psicologa tirocinante, il lavoro del Consultorio per adolescenti dell’allora USL Roma1 ed avevo assistito a numerosi incontri di educazione sessuale nelle scuole medie e superiori della capitale.
Anche quella mattina, mi aspettavo di starmene comoda nel mio ruolo da osservatrice, in una quinta ginnasio di uno dei licei classici più prestigiosi di Roma. Dopo le prime due ore, il mio psicologo supervisore porta me e la mia collega tirocinante a fare colazione, ci offre cappuccino e cornetto, come da rituale e poi torniamo verso la classe da incontrare nelle due ore successive. Ed ecco la sorpresa! Lui, un burbero galantuomo, si sposta davanti alla porta dell’aula per fare entrare noi, e invece di seguirci ci sussurra:” Questa la fate voi. Ci vediamo alla fine delle lezioni.” Chiude la porta alle nostre spalle e se ne va, lasciandoci sole con una ventina di quindicenni ansiosi di sentir parlare di peni, vagine e coiti interrotti…
Neanche il tempo di sentire l’ansia da prestazione che dovevamo già iniziare lo show!
Come ogni prima andò bene, nonostante gli insulti che il supervisore si prese all’uscita da scuola. Quel giorno offrì anche il pranzo.
Da quel dì, per i successivi 15 anni ho tenuto regolarmente incontri di educazione sessuale nelle scuole medie e superiori, ho parlato di sessualità con adolescenti, genitori ed insegnanti. All’inizio la quantità di incontri che conducevo era enorme, poi, pian piano… i fondi non ci sono più, le politiche scolastiche cambiano, la prevenzione smette di essere una priorità, il numero di incontri si riduce drasticamente. L’ultimo l’ho tenuto nel 2009.
Se dovessi raccontare tutti gli episodi buffi e spiacevoli che mi sono capitati in quei quindici anni, non basterebbe un libro. Mi, quindi, limito a qualche suggestione.
Sono stata accolta da un professore di filosofia sulla porta di un’aula, di un altro prestigioso liceo della città, con la simpatica affermazione:”Voi siete il sesso!?”
Ho ricevuto interruzioni scomposte e inadeguate da professoresse in avanti con gli anni del tipo:”Quindi se io incontro un uomo in un vicolo buio…e non ha il preservativo…quindi…io, cosa devo fare?” formulate, senza vergogna, davanti ai loro studenti. Ho visto genitori arrossire mentre ripercorrevo le tappe anatomo-fisiologiche del concepimento dei figli. Ho ascoltato ragazzine che avevano fatto le lavande vaginali con la coca cola dopo aver avuto rapporti sessuali senza preservativo…ho letto con rabbia e stupore su un libro di biologia che un metodo contraccettivo poteva essere, appunto, fare delle lavande vaginali con la coca cola. Ho collezionato incontri con presidi ed insegnanti in cui spiegavo che, no, dopo una lezione di educazione sessuale non automaticamente gli adolescenti si sentono istigati a fare sesso sfrenato. Ho accompagnato quindicenni ad abortire, intenerendomi quando a tener loro la mano c’era il fidanzato.
Un preside mi ha chiesto se avessi potuto evitare di mostrare i preservativi durante l’incontro di educazione sessuale:”Perché, sa, dottoressa, i genitori potrebbero risentirsi.” Molti mi hanno vietato di distribuire preservativi a scuola. Ho visto i migliori disegnatori di organi genitali sulle pareti dei bagni, imbarazzarsi quando chiedevo loro di disegnare un pene sulla lavagna. Mi hanno chiesto se l’imene, durante un viaggio in aereo, potesse ricomporsi a causa del vuoto d’aria…potenza dell’ingegneria aeronautica.
Raramente ho parlato di piacere sessuale nei miei incontri.
Il tema non veniva affrontato, se non dalle risatine e da qualche giovincello più esperto che lanciava battute e provocazioni.
Il piacere era un tabù, anche per noi che parlavamo di sesso con una certa tranquillità.
Sarebbe stato bello, allora, chiamarla educazione al piacere sessuale e non educazione sessuale, per non dimenticare la motivazione principale per cui gli esseri umani fanno sesso, e perché non é sempre semplice concedersi il piacere.
Non c’è stata tale lungimiranza, e non solo, gli incontri si sono sempre più diradati, l’educazione sessuale é quasi completamente sparita nelle scuole, e, di riflesso, incontro donne giovani e meno giovani che non sanno come sono fatte (TRE buchi, TRE! Uretra, vagina e ano!), che non hanno mai visto un preservativo femminile, che non riescono a prendere il loro piacere e per questo coltivano sentimenti di inadeguatezza.
Educazione al piacere sessuale: tutto quello che ti succede é normale finché ti piace! Mi piacerebbe che si chiamasse così.
Invece, quando la si nomina, nei progetti destinati alle scuole é educazione all’affettività e sessualità, che di primo acchito fa pensare al “Non c’è sesso senza amore” della canzone di Venditti e che sostiene una serie di pregiudizi (che il sesso con amore sia più bello di quello senza…che il coinvolgimento emotivo é fondamentale…e bla, bla, bla…).
La priorità, comunque, non è tanto nel nome, (chiamiamola come vi pare, ma facciamola!) quanto nella possibilità che si avvii un percorso di reintroduzione dell’educazione sessuale nelle scuole, se non obbligatoria, comunque altamente consigliata.
Dai più piccoli, i piccolissimi, fino ai più grandi, quelli delle lavande vaginali con la coca cola.
Con la convinzione che conoscersi e conoscere i propri desideri, rispettarsi e godere facciano di tutti quanti noi degli individui migliori.
“Il piacere é la forza creativa della vita” (A. Lowen)
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